Sono sempre di più e sempre più giovani le persone transgender che si rivolgono ai servizi di aiuto e orientamento sul territorio milanese. A dirlo sono i dati presentati a un convegno organizzato dall’associazione Agedo Milano, composta soprattutto da genitori volontari che supportano le famiglie dopo il coming out dei figli e delle figlie.
Nel 2023 hanno usufruito della loro consulenza circa 50 nuclei familiari, il 40% in più rispetto al 2022. Si sono rivolti a loro per avere informazioni, soprattutto in merito alla carriera alias, quella possibilità che consente, all’interno delle mura scolastiche, di essere chiamati con il nome elettivo scelto, diverso da quello anagrafico: «È un aspetto molto importante per chi sta intraprendendo un percorso di affermazione di genere — spiega Cinzia Valentini, presidente di Agedo Milano —. Chi ci chiede aiuto è poi sempre più giovane. Il trend si è confermato anche nei primi cinque mesi del 2024 dove l’età media è scesa ancora, passando dai 18 anni circa ai 16. Spesso arrivano da noi genitori in difficoltà con i figli che minacciano di abbandonare gli studi perché vengono bullizzati, non si sentono capiti e si chiudono in loro stessi, entrando in depressione. Avere al proprio fianco una famiglia consapevole è cruciale».

L’aumento delle richieste di aiuto è certificato anche da chi gestisce lo Sportello Trans Ala Milano Onlus, il primo di questo tipo in Lombardia, nato nel 2009 per offrire un servizio di accompagnamento verso un percorso di rielaborazione della propria identità. Nei 15 anni circa di attività le richieste sono cresciute e negli ultimi cinque anni i genitori accompagnano figli minori sempre più giovani: se nel 2009 c’erano stati circa 50 accessi e nel 2019 erano 150, nel 2023 sono stati 338: «Oggi i ragazzi, anche grazie ai social, sono più consapevoli di cosa voglia dire essere transgender perché diversi attivisti fanno informazione attraverso quelle piattaforme — dice Antonia Monopoli, a capo dello Sportello Trans Ala —. Grazie ai fondi Unar quest’anno possiamo garantire il nostro servizio due giorni alla settimana, il mercoledì e il sabato, dalle 14 alle 19, oltre a una riunione con un gruppo di aiuto ogni 15 giorni, e una riunione speciale dedicata solo ai genitori una volta al mese». L’aiuto può però richiedere tempi lunghi: «La nostra lista d’attesa è di due-tre mesi, abbiamo l’agenda blindata fino a ottobre.
Tra le discriminazioni che ancora oggi una persona transgender deve affrontare c’è quella legata alla burocrazia: «Le pratiche per il cambio del nome anagrafico richiedono molto tempo, non meno di due o tre anni, e siamo obbligati a coming out forzati davanti a sconosciuti — conclude Monopoli —. Ad esempio, quando si va alle Poste a mandare una raccomandata e sul documento c’è ancora il nome anagrafico, capita che gli addetti chiedano una delega, pensando di avere davanti un fratello o una sorella della persona indicata».